Dov’è finito il lupo?

Ho appena finito di leggere l’articolo della dottoressa Jessica Pierce, bioeticista ed esperta di cani, intitolato:

DOV’E’ FINITO IL LUPO?

e che affronta il problema di ciò che è andato storto nella relazione uomo – cane.

Lo puoi leggere in lingua originale QUI

La dolcezza e i tratti “carini” nella prole svolgono una importante funzione per suscitare una risposta di accudimento da parte degli adulti.

Ne ho già parlato in QUESTO post del mio profilo Instagram

Perché siamo così attratti dai bambini e dai cuccioli di animale?

Gli etologi hanno descritto questo schema come lo “schema del bambino”, una raccolta di caratteristiche infantili come la faccia tonda, gli occhi grandi, le forme curvilinee, il naso piccolo, la pelle morbida o particolari odori da bambino che suscitano nell’adulto un comportamento innato di accudimento.

Lo “schema del bambino” innesca un’ondata di ormoni nel cervello dell’adulto e cattura l’attenzione sui quei tipici movimenti che il bambino fa.

Come scrive il neuroscienziato Morten Kringelbach in un suo studio sul fenomeno, la carineria è “una delle forze più basilari e potenti che modellano il nostro comportamento”.

A proposito di odore o alito del bambino, ricordo ancora me e mia moglie che ci scioglievano al solo sentire l’alito mattutino delle nostre bimbe neonate. In realtà mia moglie lo fa ancora adesso che le bambine sono più grandi, ma sappiamo come sono le mamme.

Per quanto mi riguarda ho la stessa sensazione con i miei cuccioli quando, appena nati, me li metto vicino il naso per odorare il loro alito di latte.

Effettivamente provo una sensazione particolare che aumenta il mio senso di protezione nei loro confronti.

Questa dolcezza è anche una delle forze più potenti che modellano la relazione uomo – cane, sfortunatamente, però, non è tutto rose e fiori in quanto questo spesso è legato al concetto di status symbol.

Thorstein Veblen, in The Theory of the Leisure Class (1899), fu uno dei primi critici sociali a suggerire che le persone usassero i cani come status symbol.

Veblen sosteneva che allevare, possedere ed esporre razze di cani rare e insolite da parte dei ricchi fosse un ottimo esempio di quello che chiamava “consumo cospicuo”, un consumo che identificava ricchezza e status sociale.

Ogni razza di cane è stata selezionata per uno scopo. Il cane da pastore per affiancare il pastore nella conduzione delle greggi, il cane da guardia per la difesa personale e del territorio, il Retriever per il riporto della selvaggina a caccia e via dicendo.

Purtroppo si è arrivati anche alla selezione di razze di cani “da compagnia” i quali avevano l’unico scopo di dimostrare il successo e la ricchezza di una persona ricca.

Ancora oggi la teoria di Veblen è più che valida.

Credo che ormai, non solo le razze da compagnia assolvano a questo scopo ma anche altre razze. Pensiamo, ad esempio, ai molossi, potenti e che incutono paura, come vengano acquistati per ostentare forza, potenza e spesso anche arroganza.

A volte prendiamo un cane perché è l’unico modo per esprimere ciò che siamo e ciò che proviamo o per aiutarci a relazionarci con gli altri.

Questi cani vengono acquistati come espressioni dell’identità umana e della propria autostima, per influenzare le emozioni degli altri ed essendo carini e adorabili, lavorano per sollevare il nostro umore.

Pensiamo ad esempio, a tutto ciò che vediamo sui social. Mi trovo spesso a dover osservare dei fenomeni veramente particolari per cui una foto del proprio cane, magari veramente carino, viene sfruttata per suscitare in chi la vede, quello che possiamo chiamare effetto

“Aww, che carino”.

Questo sicuramente favorisce relazioni, anche se fittizie, che danno gratificazione al possessore del cane.

Lo studioso dei media James Meese chiama questo fenomeno “cute economy”.

La domanda che molti studiosi si sono posti è:

Perché decidiamo di prendere un cane?

Una vasta area di studio si sta sviluppando attorno a questo tema e, sebbene la ricerca sia in corso di acquisizione dati, sembra però, che l’aspetto fisico sia la motivazione principale che guida le persone a prendere un cane.

Sostanzialmente prendiamo il cane che ci piace di più morfologicamente, cioè per il suo aspetto.

Il”carino” guida le persone nella scelta.

Negli ultimi anni una delle razze che è andata più di moda è stato il Bulldog Francese, caratteristico per la sua testa tozza, il muso schiacciato, i grandi occhi rotondi e le enormi orecchie da pipistrello.

E’ carino? No?

Potrebbe essere una valutazione soggettiva ma non è questo che importa a mio avviso. E’ un cane e basta questo per essere rispettato come merita.

Forse molti non sanno che il BF, come altre razze tipo Carlino, Boxer e molte altre, sono definite brachicefale (a testa corta) e sono tra le più desiderate dalle persone anche se spesso si ignorano i gravi problemi fisici che hanno.

Quando scegliamo una razza di cane, ci chiediamo mai quali potrebbero essere le sensazioni del cane, come vive e se vive bene proprio a causa di come è fatto?

Purtroppo la selezione spinta di razze di cane non autosufficienti con gravi problemi di salute, dalla respirazione, alle displasie…, ha portato ad avere cani, forse carini per qualcuno, ma veramente infelici.

Come un cane carino può allo stesso tempo essere infelice?

Paradossalmente, il fascino dei simpatici cani di piccola taglia potrebbe essere la loro impotenza e disabilità.

In uno studio pubblicato su PLoS one nel 2017, Peter Sandøe dell’Università di Copenaghen in Danimarca insieme al suo team hanno identificato uno strano fenomeno.

Le persone che scelgono di adottare un cane brachicefalo potrebbero essere mosse proprio dalle difficoltà di salute di queste razze.

Questi deficit richiedono sicuramente maggiore attenzione e accudimento da parte del proprietario e potrebbe essere proprio questo aspetto, questo bisogno di massimo accudimento che aumenterebbe il senso di attaccamento al proprio cane.

La reazione: Awww che carino!, allo stesso modo della risposta del caregiving (supportare e curare un malato), innesca il rilascio di ossitocina, un ormone che entra in gioco tra mamma e figlio, tra mamma e cuccioli, per aumentare l’attaccamento e il legame sociale.

Purtroppo questo, a mio parere, mi sembra un’assurdità.

Perché non poter avere un cane sano in salute e di cui prendersi cura come membro della famiglia senza dover ricorrere necessariamente ad un difetto per curare il nostro attaccamento a lui, quindi la relazione?

La mente contorta degli umani porta anche a questo e genera nei poveri cani un livello di stress e di ansia incredibile.

Tanto che è stato condotto uno studio pubblicato su Scientific Reports nel 2020, che ha valutato le cartelle cliniche di quasi 14.000 cani da compagnia in Finlandia e ha rilevato che tre quarti soffrono di qualche problema legato all’ansia.

Ormai è difficile trovare un cane che non sia affetto da qualche disturbo comportamentale.

Oltre l’80% dei proprietari di cani intervistati in Giappone ha riferito che il proprio cane ne è affetto e questa è la risposta comportamentale che i cani stanno attuando per adattarsi il più possibile alla nostra società sempre più difficile da accettare e gestire e per essere sempre all’altezza delle aspettative umane sempre più irrealistiche.

Gli studi anno evidenziato che più piccola è la taglia del cane maggiori sono i problemi comportamentali.

Una spiegazione che la ricerca da a questo aspetto è che i cani di grossa taglia ricevono più “addestramento e socializzazione” rispetto ai cani di piccola taglia che invece vengono più facilmente sottoposti ad esercizi da circo.

Zampa, orsetto, rotola o bang, sono all’ordine del giorno, come se fossero necessari per la vita quotidiana del cane insieme al suo compagno umano.

C’è ancora la credenza che un cane di piccola taglia non possa fare del male a nessuno, tanto è piccolo, mentre uno di media o grossa taglia debba essere addestrato per evitare problemi proprio perché è grande e fa paura.

Non mi trovate più in disaccordo.

E’ vero che ogni giorno vedo decide e decine di occasioni in cui il possessore di cane piccolo, risolve qualsiasi problema legato ad un suo disagio prendendolo in braccio e riponendolo nella borsetta, come se fosse un cellulare o qualsiasi altro oggetto da borsa.

Beh, non è così.

STIAMO PARLANDO DI UN CANE,

e in quanto cane, che peraltro nella sua testa pensa di essere un lupo, va tenuto a terra.

Mettereste mai un lupo nella borsetta?

E’ necessario che il cane faccia il cane per quanto possibile e quando non lo è per ragioni di sicurezza sua e della società, è necessario che impari a tollerare elementi non appartenenti alla sua cultura.

Passeggiata, guinzaglio, incontro con altri cani diversi dal proprio branco, uscire fuori dal proprio territorio (casa), non esisterebbero per il nostro cane in natura, chiediamogli di tollerare solo se siamo una figura di riferimento credibile per lui (leader), che garantisca per la sua sicurezza in questa condizione innaturale.

Cerchiamo, invece, di ricreare delle condizioni quanto più possibile naturali per far fare il cane al cane.
Passeggiate nel bosco con due o tre amici fidati sarebbero l’ideale.
Il ritorno in natura calma i nostri animi e quelli del cane, ottenendo un atteggiamento più collaborativo e festoso.

Insomma ci guadagniamo tutti se ci accostiamo alla natura: lentezza, verde, silenzio, ci renderanno umani migliori con il nostro cane e con il prossimo.

Quando organizziamo le nostre avventure nei boschi in Dog Trekking…

a tal proposito puoi dare un’occhiata al calendario delle uscite che durante l’anno organizziamo in tutta Italia e puoi anche richiederne una nella tua regione compilando il modulo QUI,

si avverte un senso di totale libertà incredibile, i cani che partecipano con i loro compagni umani, arrivano stressatissimi, abbai e tirate al guinzaglio sono assicurati quando scendono dall’auto nel luogo di partenza. Il risultato è che a fine giornata, sono tutti sereni e tranquilli al piede come se fossero amici da una vita.

Puoi dare un’occhiata a questo VIDEO per renderti conto della bellissima atmosfera che abbiamo durante le nostre uscite.

Tornando ai nostri cani “carini” prendiamo ad esempio questa immagine.

Chiunque nel vederla, direbbe: “Awww, che carino!”

In realtà di carino ha ben poco dato che questo cane si siede così non perché è carino ma perché non può sedersi in maniera normale a causa della sua morfologia.

Inoltre, l’allevamento selettivo di questi tratti “carini” ha portato ad una riduzione della chiarezza e della portata della comunicazione visiva in alcune razze.

Se prendiamo come punto di partenza il lupo, con la sua morfologia, ogni scostamento da essa, porta ad una perdita di chiarezza nella comunicazione tra cani.

La selezione delle razze in alcuni casi, ha portato a soggetti completamente differenti per forma e anche carattere dall’antenato lupo, con la conseguenza di incomprensioni sul linguaggio.

Sarebbe bello immaginare l’incontro tra un lupo e un Bobtail, che con tutti quei peli davanti gli occhi, non riuscirebbe a farsi comprendere dal suo interlocutore lupo che cercherebbe invano i segnali di comunicazione legati allo sguardo.
E immaginate lo stress del povero Bobtail che comunica con il lupo anche tramite lo sguardo non ricordando che gli risulta incomprensibile proprio per la sua diversa forma.

Ecco di cosa l’uomo è responsabile.

Attenzione, non dico che l’allevamento dei cani di razza non debba esistere, sono un allevatore anche io ma credo che alcune razze debbano essere evitate proprio per il male che si provoca agli esseri viventi che ne derivano.

Allevare, negli anni, ha contribuito ad avere razze di cani utilissime per l’aiuto e la salvezza di persone. Prendiamo il nobile lavoro dei cani impegnati nella ricerca sotto le macerie, o le unità cinofile di salvataggio a mare o di ausilio alle persone disabili e molto altro.

Le razze utilizzate in questi ambiti sono sicuramente autosufficienti e quindi perfettamente in grado di vivere serenamente la loro vita anche in compagnia dell’uomo.

Ecco quindi che forse sarebbe opportuno soffermarci un attimo prima di scegliere il cane che fa al caso nostro, valutando tutti i pro e i contro di quella scelta che potrebbe determinare la felicità o la pena di una altro essere vivente.

 

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