Ciao, l’argomento di questo mese riguarda un tema che ogni giorno mi trovo a dover affrontare insieme ai miei clienti o anche ad altri possessori di cani.
Uno è il dilemma addestrare o no il cane e se serve effettivamente per avere un rapporto sereno con lui. Oggi non parleremo di questo ma di un tema strettamente legato ad esso. Una volta che abbiamo deciso di addestrare il cane, spero solo dopo esserci posti il problema di capire come funziona un cane e come comunica, la difficolta è capire da chi farci aiutare.
In giro ormai ci sono centinaia di educatori cinofili, più o meno qualificati, con titoli presi qua e la, ognuno da la propria versione di come si dovrebbe addestrare un cane promettendo risultati al singolo proprietario di cane che in quel momento probabilmente sta vivendo delle difficoltà che gli sembrano insormontabili. Cerca aiuto ma non sa da chi farsi aiutare, chiede all’amico di turno che ha avuto una esperienza con un educatore e allora prova anche lui a seguire lo stesso percorso perchè l’amico si è trovato bene, oppure cerca sul web e li si perde tra i miliardi di siti, pagine social di educatori ed ecco che il povero proprietario si angoscia ancor di più non sapendo a chi rivolgersi.
“Come faccio a capire chi si occuperà bene del mio cane e chi mi farà raggiungere effettivamente i risultati che chiedo?”
Questa è una domanda molto comune e legittima che ogni proprietario si fa.
Bene, credo che sia necessario, come in qualsiasi contesto, farsi un’idea per intuire prima chi ci potrebbe dare una mano nella soluzione dei nostri problemi. Arrivare preparati non può che farci bene, per poter fare delle domande chiare al professionista di turno e quindi per metterlo nelle condizioni di darci delle risposte precise e chiare su ciò che sarà il percorso proposto e i risultati che otterremo.
Ormai al giorno d’oggi si riscontra molta più sensibilità per il benessere fisico e mentale del cane, si pensa molto di più al rapporto che ogni possessore di cane instaura con lui e i vari approcci e metodi di addestramento hanno subito una forte influenza da questa nuova tendenza rispetto al passato.
Tuttavia ancora vedo molti colleghi educatori applicare dei metodi che non solo non portano ad alcun risultato ma che, cosa ancor più importante, recano danno fisico e mentale al cane.
Per quanto possa sembrare strano eppure è così. Molti miei clienti hanno avuto in passato esperienze di percorsi educativi con il cane incentrati sulla violenza fisica e mentale del cane per l’ottenimento di risultati, si, magari immediati, ma per niente duraturi. O addirittura percorsi di educazione standard, uguali per tutti i binomi cane conduttore, che non tengono conto delle esigenze che il singolo proprietario sta esprimendo in quel momento.
Per intenderci, è inutile che ti propongo un percorso di educazione in cui ti faccio fare il seduto, il terra, il resta, se a casa hai problemi di gestione del cane. Se non affronteremo questo, avrai, si un cane perfettamente in grado di fare questo “comandi” in campo ma poi torni a casa e continui ad avere gli stessi guai con il cane e continuerete a non capirvi. Che senso ha?
Ma perchè ancora oggi si riscontra questa tendenza nell’applicare metodi di addestramento del passato? E da dove vengono questi metodi?
Stanley Coren, professore di psicologia all’Università della British Columbia a Vancouver, British Columbia, scrittore per Psychology Today nella serie Canine Corner, ricercatore neuropsicologico e scrittore di noti libri sui cani come Capire il linguaggio dei cani (ecco il LINK se ti interessa il libro ), nella sua prefazione del libro Blueprint To A Happy Dog di Norma Jeanne Laurette & Greg Ceci, scrive riguardo le origini dei tradizionali metodi di addestramento e del perchè e quando nacquero.
L’addestramento classico per così dire, nasce in Germania nelle periodo delle guerre mondiali, quando i cani poliziotto venivano preparati per il servizio militare.
Il padre dei tradizionali metodi di addestramento è considerato il colonnello Konrad Most, facente parte dell’esercito tedesco e che ha fondato la scuola di addestramento dei cani poliziotto a Berlino e ne è stato il responsabile per la formazione dei cani militari usati in Germania durante la prima e la seconda guerra mondiale.
Nel 1910 scrisse il libro Training Dogs: A Manual che divenne il punto di riferimento per tutti gli addestratori di cani fino agli anni ‘90.
Le tecniche di addestramento descritte nel libro riflettevano gli stessi atteggiamenti e procedure usate per addestrare i militari umani in quel periodo ed erano basate su disciplina e forza.
Tra gli strumenti del mestiere vi erano guinzagli di cuoio intrecciato e rigido che, all’occorrenza, potevano servire da frusta nel caso di mancata obbedienza del cane.
I risultati per ottenere il controllo del cane erano assicurati e anche in maniera molto rapida. Probabilmente questo è il maggior problema di questi metodi, chiunque vede questi cani rimane probabilmente affascinato dalla loro efficacia e dalla precisione che si ottiene. Sembrano cani telecomandati, quasi innaturali direi, molto precisi nel soddisfare le richieste del conduttore.
Tutto ciò rimase una base costante per lungo tempo finchè la scienza cominciò a porsi il problema di cosa provasse veramente il cane. Infatti più tardi è stato dimostrato che tali metodi coercitivi creavano una pressione tale sul cane tanto da renderlo emotivamente instabile e incontrollabile.
Però un merito bisogna darlo al Colonnello Most ed è quello di aver compreso l’importanza della ricompensa e della punizione. Il problema è che si è concentrato soltanto sulla punizione e sul cosa i cani fanno per evitarla. Era convinto che il cane avesse una motivazione maggiore nell’evitare la paura rispetto a quella di attivarsi per ricevere la gratificazione.
Strumenti come collari a strangolo, collari con punte di ferro e frustate erano alla base del suo metodo di addestramento. Se vi fate un giro per le strade delle città o anche in diversi centri cinofili, potrete notare che molti cani sono ancora costretti ad indossare certi strumenti e tutto ciò viene fatto con naturalezza dai proprietari, ignari del significato che hanno e dell’origine di quegli strumenti. Io per primo, quando presi il mio primo cane, andai tutto contento in un negozio di animali e acquistai un collare a strangolo a catena ed un guinzaglio che, adesso pensandoci bene ricordo benissimo, era formato da una fettuccia di cuoio rigida, intrecciata come a formare una frusta. Li per li non ci pensai, lo avevo visto fin da piccolo e mi sembrava la cosa più normale del mondo. Con il passare del tempo, studiando e occupandomi di cani capii la provenienza di quegli strumenti. Ma la cosa triste è che vengono venduti con la massima naturalezza nei negozi di animali senza che ne i possessori di cani e ne i proprietari dei negozi, molto probabilmente, ne conoscano la provenienza e l’uso per il quale sonno stati inventati.
Questi strumenti insieme ai metodi con cui vengono applicati, portano a paura e allo stesso tempo, a risultati molto veloci. Il fatto che siano rimasti e siano ancora oggi tanto utilizzati deriva proprio dai facili risultati che si possono ottenere. Sicuramente risultati immediati ma poco duraturi nel tempo, che fanno leva sulla paura del cane invece che su una sana gratificazione per un lavoro ben fatto. Un vero e proprio fuoco di paglia.
Vi sarà sicuramente capitato di incontrare in tv alcuni programmi di noti “addestratori” di cani che fanno uso di questi metodi molto discutibili. Danno sicuramente dei risultati così immediati da durare il tempo della trasmissione, ottimo per dare l’impressione ai telespettatori che il metodo funzioni, però, non sappiamo e non vediamo mai l’atteggiamento dei cani a telecamere spente e dietro le quinte.
Nell’era storica delle guerre mondiali questi metodi non tenevano conto dello stato emotivo del cane e l’unico obiettivo era la prestazione e anche in tempi brevi.
Più tardi, intorno al 1946, guarda caso dopo le guerre, si cominciò a parlare di “Positive Dog Training Movement” e cioè quel nuovo modo di pensare in cui si teneva conto del benessere fisico e mentale del cane che finalmente non veniva considerato soltanto come un puro strumento di lavoro ma come un vero e proprio essere vivente, capace di soffrire, pensare, gioire e vivere esattamente come l’uomo. E proprio con quest’ultimo poteva avere, se ben trattato, una sana relazione.
Proprio nel dopoguerra ancora una volta un libro cambiò le cose ed esattamente il libro di Blanche Saunders intitolato “Training you to train your dog” (Educa te per educare il tuo cane). Il suo metodo, paragonato ad oggi può risultare ancora grezzo e non proprio ottimale per il benessere del cane, ma era sicuramente un primo passo per il cambio di tendenza.
Saunders scriveva:
“I cani imparano associando il loro atto ad un risultato piacevole o spiacevole. Devono essere disciplinati quando fanno male e ricompensati se fanno bene”.
Se leggiamo attentamente questa frase notiamo ancora una leggera influenza dal periodo passato, il “vanno disciplinati” lascia pensare che qualcosa di duro o leggermente duro andrebbe fatto. Mi piacerebbe capire come avrebbe operato realmente per disciplinare un cane che sta disobbedendo.
Oggi, per quanto mi riguarda, io penso in maniera completamente differente. Se un mio cane mi disobbedisce, un motivo ci sarà, non penso che deve fare a tutti i costi ciò che dico solo perchè lo dico io, piuttosto mi domando:
“Perchè il mio cane non segue le mie indicazioni? In cosa sto sbagliando? Cosa non capisco di lui?”
Ecco, mettersi in posizione critica, pensare che prima di tutto siamo noi che non comprendiamo la sua lingua tanto da creare una incomprensione, è una cosa fondamentale.
Tuttavia Saunders una cosa l’aveva capita. Anche lui aveva compreso, proprio come Most, il valore della ricompensa e fortunatamente non l’aveva trascurata.
“Un bocconcino spesso risolve problemi che altri metodi non risolvono”.
Dice ancora Saunders:
“E’ importante che tu sappia che la gentilezza farà molto di più della durezza e della crudeltà. Un cane ha una memoria meravigliosa e non dimenticherà il tuo atteggiamento nei suoi confronti”.
Oggi sicuramente curiamo molto di più di Saunders la relazione con il nostro cane, tuttavia divenne l’addestratore di cani più noto negli anni ‘50 e ‘60.
Da quel momento la ricerca scientifica insieme alla psicologia ha dimostrato l’efficacia di un addestramento positivo e basato sulla cura della relazione.
Più usiamo metodi positivi più aumentiamo la possibilità che un cane non presenti problemi emotivi.
Un altro aspetto che spesso non viene detto riguardo i metodi negativi è che funzionano solo in presenza dell’addestratore, di cui il cane ha timore e quindi segue perfettamente le sue indicazioni per evitare la punizione. Ma una volta allontanatosi, il cane riprende a riproporre i comportamenti non ammessi e anche in maniera più grave.
Capite bene che questo aspetto è rilevante anche nel momento in cui io addestratore voglio colpire positivamente il possibile cliente per convincerlo dell’efficacia dei miei metodi ma non gli darò sicuramente la capacità di agire da solo quando rientrerà a casa e per il resto della sua vita.
Saper controllare velocemente il cane di un cliente non ha molto senso se poi continuerà ad avere difficoltà e non sarà i grado di gestire il proprio cane da solo. Sarebbe invece importante dotare il possessore di cane degli strumenti per poter comprendere il funzionamento e la comunicazione del proprio cane e agire in autonomia per il resto della vita.
Mi rendo conto che il metodo positivo potrebbe risultare più lungo nei tempi per ottenere dei risultati ma sicuramente saranno dei risultati sicuri, duraturi nel tempo e che rendono il cane felice e collaborativo: l’affidabilità è alla base di tutto.
Dunque a voi la scelta.